Dizionario del riuso #3

SpazioRiuso.it arricchisce il dizionario del riuso grazie al contributo di Mirco Rossi.

“L’umanità sta superando numerosi “limiti” e mettendo in discussione le condizioni stesse della sua esistenza, legate all’equilibrio dinamico che ha governato il pianeta. Gran parte delle abitudini e dei comportamenti che si sono consolidati nell’ultimo mezzo secolo di “vacche grasse” devono essere abbandonati o cambiati, a partire dalla insulsa distruzione di materia e di energia che costituisce l’insieme dei nostri rifiuti. La più semplice e facile risposta è la pratica del riuso e del riutilizzo.”

Così iniziamo a riflettere a partire dalle esperienze personali e da una conoscenza del fare.

Riuso: antico vizio di famiglia che … si consolida.

In questa foto ci sono tante storie e tanti ricordi, uniti a funzionalità attuali e future.

Cerco di farne un sunto senza annoiare il lettore.

La sezione di rotaia.

Risale ai primi anni ’30, quando il nonno materno lavorava ancora nell’officina delle ferrovie. E’ un perfetto mini-incudine che offre piani, angoli netti, punti curvi o vuoti, per raddrizzare, appiattire, sagomare, curvare o piegare opportunamente piccoli oggetti di metallo. L’ho ereditato e lo tramanderò a uno dei miei figli che crescendo hanno imparato a sfruttarlo. Non so quantificare le innumerevoli volte che mi è stato utile. Da bambino l’uso più frequente che ne facevo era raddrizzare chiodi usati che, dal legname dov’erano conficcati, estraevo con ….

La tenaglia

Non ne sono certo ma dovrebbe risalire alla fine dell’800. Costruita artigianalmente con ferro acciaioso si caratterizza per l’apertura a rondine del finale di uno dei due manici, leggermente piegato, accorgimento utilissimo per sollevare di pochi millimetri la testa del chiodo conficcato nel legno per poi tirarlo fuori con le ganasce. Era del nonno paterno che ritengo l’abbia usata a lungo innalzando e smontando le impalcature necessarie a sostenere le sponde dei canali che scavava per “professione”. E’ sempre stata usata molto da mio padre e da me quand’ero bambino. Ultimamente la uso di rado perché ormai i chiodi si usano poco sia in falegnameria che in carpenteria. Ma talvolta è ancora utile.

Il metro

Si tratta di un metro d’acciaio a stecche di 10 cm ciascuna, un tempo insostituibile nelle officine e in particolare nel lavoro dei fabbri. Può essere piegato “di piatto” per seguire bene le curve, entrare in contatto senza problemi con metalli molto caldi, incandescenti, o con parti molto sporche e unte di olio. Lo adoperava mio padre nell’officina dello stabilimento dove lavorava dal 1942. Lo uso ancora quando le condizioni lo richiedono ma non così di frequente perché è lungo solo un metro.

Il trapano da traforo

Me lo regalarono che avevo 8 anni quando con gli amici avevo acquistato il pacco di disegni da incollare (con la colla che facevamo mescolando acqua e farina di frumento) sul compensato di faggio per costruire “a traforo” durante l’estate in parrocchia la Torre Eiffel. Era una grande sfida realizzare una struttura complessa, alta circa 120 cm, ma ci riuscimmo e ne andammo a lungo orgogliosi. Quel trapano è nato per fare fori da 1 o 2 mm di diametro su spessori di legno tenero spessi non più di 6-7 mm e infilarci dentro il seghetto che poi viene fissato allo speciale archetto. Diventato grande non ho più usato il traforo ma ho scoperto che quell’attrezzo è particolarmente efficace nel preparare, senza bisogno di attrezzature elettriche, il primo foro di “invito” nel muro quando si appende un quadro. Il chiodo così non rischia più di far saltare la malta dell’intonaco.

Il trapano a manovella.

Lo acquistai negli anni ’60 quando i trapani elettrici erano già ben diffusi ma ancora grandi, ingombranti, e si doveva alimentarli con il cavo dalla rete. Non esistevano gli avvitatori o i piccoli trapani a batteria.

Quel semplice trapano a ingranaggi soddisfava egregiamente le esigenze più minute che inevitabilmente si presentavano nel bricolage casalingo. Anche adesso, senza rete elettrica e con le batterie scariche, le sue prestazioni risultano utili.

Lo spaccanoci in acciaio inox

E’ uno strumento che uso quasi quotidianamente. Lo costruì mio padre nell’officina dove lavorava ricavandolo da una verga di acciaio inox. Faceva parte di un “servizio” che comprendeva un lungo coltello e un mestolo semisferico da cucina, con cui, appena sposato, arricchì la scarsa dotazione casalinga durante la guerra. Il resto del “servizio” l’ho già consegnato al più grande dei miei figli che ne fa uso normalmente.

Mirco Rossi, divulgatore sui temi dell’energia, sottolinea le connessioni tra i pericoli e le esigenze che emergono dalle sue ricerche tecnico-scientifiche e i valori etico-sociali della sobrietà, oggi largamente soffocati dai guasti del consumismo. È membro del Comitato Scientifico di Aspo Italia (sezione di Aspo International – Association Study of Peak Oil and Gas) e del Comitato Scientifico del Centro Studi l’Uomo e l’Ambiente di Padova.

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